Pellegrinaggio alla Ghriba
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Pellegrinaggio alla Ghriba

Quando arrivo nei pressi della sinagoga c’è pieno di poliziotti, militari, camionette blindate, una perfino con mitragliatrice. Non ho paura perché sono fatalista, se qualcosa di brutto ti deve succedere, può capitare dappertutto e non solo qui in Tunisia. Vedi i recenti tragici episodi di Parigi e Bruxelles e anche l’ennesimo di Nizza.

Verrò a sapere dopo che, nonostante il pericolo di attentati, quest anno i visitatori alla Ghriba, sono stati 2500 di cui 600 provenienti da tutto il mondo, giunti sull’isola di Djerba per partecipare al pellegrinaggio.

Mi colpiscono le donne, dalle giovani alle più anziane, tutte vestite a festa, molte con abiti lunghi e tacchi 12. Nel caravenserraglio, un ampio cortile con porticato, che veniva usato per la sosta delle carovane che attraversavano il deserto, ora trasformato in una grande festa dove si mangia, si beve, si chiacchiera e si ascolta musica. Ne vedo una che assomiglia tantissimo a Elizabeth Taylor da giovane, solo un po’ più in carne, le chiedo se posso fotografarla perché ha un bellissimo viso, ma lei mi risponde che il marito non vuole. Non mi vergogno a dire che, rapita dal suo bellissimo viso, le rubo uno scatto, anche se da lontano non è la stessa cosa.

La Ghriba è una delle sinagoghe più antiche e più famose al mondo, oltre a essere la più grande di tutto il nord Africa. Bianca con le finestre e porte azzurre è da oltre duemila anni un luogo di culto per eccellenza della religiose ebraica. Oggi questa sinagoga espressione della minoranza ebraica è considerata un vero e proprio museo religioso: tra gli oggetti da ammirare non bisogna perdere i famosi cilindri d’argento.

Il nome Ghriba significa miracolosa e si riferisce all’apparizione di una fanciulla che avrebbe ordinato la costruzione del tempio.  Le fonti storiche fanno risalire il primo insediamento ebraico di Erriadh al 586 a.C., in seguito alla distruzione del grande Tempio di Gerusalemme, e si racconta che la sinagoga sia stata costruita utilizzando proprio le pietre delle rovine del Tempio. All’interno della sinagoga è conservata una delle Torah più antiche e preziose del mondo, scritta su pelle di gazzella e che viene portata in processione durante il pellegrinaggio, che si svolge ogni anno il 33mo giorno della Pasqua ebraica, in occasione della festa di Lag Ba’Omer. Questo rituale rappresenta il cuore delle tradizioni della comunità ebraica tunisina che attualmente a Djerba ammonta a poco più di 2000 persone su 144.000 abitanti e, nonostante l’esiguo numero, è molto integrata all’interno della società. La festa si colloca tra il 33º giorno dell’Omer, e il 34º giorno a partire dalla prima sera di Pesach, all’incirca nel periodo aprile – maggio del calendario gregoriano e quest anno cadeva il 25 e 26 maggio 2016.

Durante il pellegrinaggio, viene portata in processione una statua che, secondo alcuni rappresenta le 7 tribù degli ebrei del nord Africa, secondo altri, rappresenta la straniera delle leggenda. Sulla statua c’è la stella ebraica a 6 punte. Il responsabile della comunità che porta in giro la statua e grida per raccogliere i fondi vendendo i drappi, non vive in Tunisia ma in Francia ed ogni anno viene apposta a Djerba per il pellegrinaggio.

Per entrare nella sinagoga gli uomini devono indossare il kippah, il tradizionale cappellino maschile ebreo, mentre le donne invece un velo per coprire capo e spalle. Solo chi li indossa, dimostrando così la propria umiltà davanti a Dio, è ammesso all’interno delle stanze di preghiera. Così ho fatto anch’io coprendomi con una lunga sciarpa. All’interno si respira un’aria particolare. Ci sono tante ragazze che sistemano nella cripta delle uova, sulle quali con un pennarello scrivono un desiderio insieme al proprio nome e accendono attorno delle  piccole candele. Lentamente il calore delle candele rende le uova sode e pronte per essere mangiate, affidando al rituale il desiderio di trovare marito e di procreare figli. Ma anche la pace e la guarigione.

Lascio la sinagoga e questa bellissima cerimonia passando di nuovo attraverso i militari, alcuni sono sempre in stato d’allerta, altri sono rilassati, o almeno così sembra, seduti sulle camionette e si stanno mangiando un panino.

Penso che più blindata di così la sinagoga non poteva essere e, come ho scritto all’inizio, io non ho paura e continuerò a viaggiare perché non facendolo la daremo solo vinta a questi esseri che cercano di seminare il terrore.

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