Hong-hu Ada intervistata da Isabella Radaelli
Diario di una It-girl

Intervista a Hong-hu Ada, dall’oriente con fascino e determinazione

Hong-hu Ada è di una bellezza raffinata, sopra le righe, come solo le persone che provengono da un mix di razze possono esserlo.

Capelli lunghissimi, occhi a mandorla, alta, longilinea, è nata in Italia, da padre giapponese e madre italiana, ma è cresciuta a Miami.

Ho incontrato Hong-hu Ada a Civitavecchia, all’International Tour Film Fest 2016, dove è stata invitata in qualità di madrina, e dove si è presentata elegantissima, habillée con le creazioni di Gai Mattiolo.

Descriviti con tre parole.

Sensibile, riflessiva e se ricevo una cattiveria difficilmente perdono.

Insomma una vera tigre, che arriva dall’oriente, proprio come Shira, il personaggio che ha doppiato per ben due volte ( nell’ “Era Glaciale 4 – Continenti alla deriva” e nell’ “Era Glaciale 5 – In rotta di collisione).

Ma proseguiamo con le domande.

Sei un’artista poliedrica, attrice di cinema, di teatro, cantante, e anche doppiatrice. Fra tutti questi ruoli, quale preferisci e come riesci a conciliarli?

Vengo dagli Stati Uniti, qui la figura dell’attrice e cantante è vista come una sola cosa, posso citare esempi come Barbra Streisand, Jennifer Lopez, Will Smith, Jamie Foxx, Kevin Costner e Nicole Kidman, tutte grandi persone che svolgono entrambe le attività al top. Io ho frequentato a Miami l’Università della Florida, dove ho studiato canto e recitazione, e sono anche cantautrice, ho infatti pubblicato già 7 album, di cui ho composto sia la musica che le parole e dove suono anche gli strumenti. L’attività che mi stimola di più è quella di cantante – attrice, o attrice – cantante, successivamente quella della doppiatrice ed attrice di teatro, che sono venute in un secondo tempo e che mi danno comunque molte soddisfazioni. Ho doppiato per due volte, nell’ Era Glaciale 4 e 5, Shira, la tigre protagonista, il film è campione d’incasso al box office, e canto anche la colonna sonora, quindi ripropongo il mio doppio ruolo, come dicevo prima, di attrice sul grande schermo e di cantante nei titoli di coda del film, proprio come si fa negli Stati Uniti, qui in Italia purtroppo un po’ meno.

Sei giovanissima, ma hai già lavorato con registi del calibro di Pupi Avati, Nanni Moretti, Abel Ferrara. Come è stato l’approccio con questi mostri sacri del cinema?

Quando ti avvicini ai mostri sacri hai sempre tanta paura, ed è quello che è capitato a me. Adesso se mi guardo indietro, anche se sono giovane, ho alle spalle già 17 films e 7 dischi e per la mia età sono tanti, certo all’inizio avevo paura, penso sia una cosa normale, perché, dopo aver girato 5 films non di rilievo, mi ritrovai a mettere il piede sul set di un regista come Pupi Avati e ancora prima di Abel Ferrara, ricordo quando ho girato il film “Mary”, dove la protagonista era Juliette Binoche, premio Oscar per Chocolat, accanto a me avevo Forest Whitaker, altro premio Oscar, Marion Cotillard, che vinse l’Oscar per Edith Piaf, Matthew Modine che ha lavorato con Stanley Kubrick. Io non avevo mai fatto nulla di tutto ciò, ero una ragazza metà italiana e metà giapponese, cresciuta a Miami, che metteva il piede, per la prima volta, sul set di un regista del calibro di Ferrara, genio di Hollywood e vincitore di premi Oscar, in quei mesi da una parte recitavo, mentre dall’altra ero assalita dall’ansia di lavorare insieme a tutte queste stars.

Quale è stato il tuo primo film in assoluto?

Il mio primo impatto lavorativo è avvenuto a New York. Ho iniziato a Broadway, a 14 anni con il musical “All the dreams come true”. A cui sono seguiti altri due musical. Poi sono stata ingaggiata per una serie tv americana poliziesca in stile Miami Vice. In seguito all’Università della Florida mi sono data al teatro, finché poi è arrivato Abel Ferrara che mi ha preso prima per un videoclip, “Move with me” che è andato in onda agli Mtv Music World e, l’anno successivo, rimasto colpito per come recitavo, mi ha scelta di nuovo per il film “Go go Tales.

E poi come è proseguita la tua carriera artistica?

Ho conosciuto il grande Pupi Avati, con il quale ho girato due films ( “Il papà di Giovanna” e “Il figlio più piccolo”), poi Nanni Moretti (in “Habemus Papam”) e “Shuna The Legend” di Emiliano Ferrera, dove ho recitato al fianco di Enzo G. Castellari che ha collaborato con Quentin Tarantino, un grande regista, ma anche un maestro di vita. Poi è arrivato un altro regista, per me molto particolare, Silvio Alfonso Nachuci con questa grande produzione belga, che ha prodotto “The key and the answer” in cui interpreto Tara, che è una principessa guerriera con le orecchie a punta, quindi un’elfa e abbiamo girato tra la Valle d’Aosta e il sud della Francia. Mentre per gli western ho girato gli esterni in Abruzzo, negli stessi luoghi dove il Maestro Sergio Leone girava gli spaghetti – western, e per me è stata una grande emozione perché quando ero piccola vedevo questi films con mio padre e poi gli ho studiati all’Università della Florida, come i films di un altro Maestro del cinema italiano, Federico Fellini (“Amarcod”, “Le Notti di Cabiria”, “Otto e mezzo”) e anche i films di Sergio Leone (“C’era una volta il west” – “C’era una volta l’America”). Rivivere quei luoghi per me è stata una grandissima emozione, avevo le lacrime agli occhi. La stessa cosa mi è capitata quando sono arrivata a Roma, cinque anni fa, in questa città magica, la “città eterna” come la chiamava il Maestro Fellini. A scuola in Florida mi avevano detto che abitava nel centro di Roma, in via Margutta, la via degli artisti, ed io, con il cuore pieno del suo mito, ricordo che i primi mesi che abitavo a Roma, due e tre volte a settimana, mi recavo da sola sotto casa sua perché questo mi riempiva di emozione. Anche Pupi come Abel Ferrara si è distinto per la sua unicità nell’affidarmi il ruolo. Ne “Il papà di Giovanna” interpreto l’unica donna partigiana, una soldatessa, una novità, perché all’epoca del fascio era molto raro vedere delle donne in questo ruolo ed in genere erano molto mascoline, invece Pupi ruppe le regole affidando ad una ragazza come me, appariscente, con i capelli lunghi fino al sedere, sciolti anche sul set, con in mano la baionetta e fu una particolarità che sia il pubblico che i tecnici del settore notarono ed apprezzarono. La stessa cosa accadde nel secondo film “Il figlio più piccolo” dove invece interpretavo una segretaria isterica che fa quasi a botte con Laura Morante. Anche Abel Ferrara, mi affidò dei ruoli estremi in “Mary” ero un’ancella che si toglie la vita, e in “Go go tales” un’agente del FBI che per il suo lavoro, di notte, si trasforma in una ballerina di lap dance. In questi 17 films tutti i registi mi hanno sempre affidato dei ruoli particolarmente estremi e durissimi. In questo si dimostra la loro grandezza creativa. Sono Shuna la indio comanche che cavalca, spara e non conosce affetti, la stessa cosa quando interpreto Tara, una principessa, ma anche una guerriera che allontana i suoi sentimenti dal cuore, la tigre Shira con i denti a sciabola, in “Spectre 007” sono una ragazza a capo di un’organizzazione criminale. Insomma tutti ruoli molto estremi, dove c’è sempre azione. Ecco, dopo tutti questi films che seguono un po’ lo stesso fil rouge, mi piacerebbe interpretare una parte che si avvicina a me, una ragazza semplice, che si innamora, si bacia, si sposa, un ruolo in un drama – comedy, che alterni il drammatico con la commedia. Insomma interpretare una “ragazza normale”.

Come hai vissuto la tua recente esperienza di madrina all’International Tour Film Fest di Civitavecchia?

E’ stata un’esperienza molto formativa. Quando sono salita sul palco, nel presentarmi mi sono emozionata, nonostante sia per metà di origini orientali, e abbia lavorato sulla meditazione e sul controllo delle emozioni. Perché sebbene sia un piccolo festival, si respira molta internazionalità e il presidente Piero Pacchiarotti, è particolarmente attento al cinema che pulsa, che ha gli occhi sul mondo, ed è anche un intenditore non solo del grande schermo ma anche di musica di qualità, caratteristiche che dimostra nella scelta delle sue madrine, quest anno ha scelto me che sono italo giapponese di madrelingua inglese, l’anno scorso ha preso Jun Ichikawa, che è un’altra giapponese trapiantata in Italia. Senza nulla togliere alle italiane, che sono ragazze validissime. Ma già in questa scelta dimostra la sua apertura al mondo.

Programmi per il futuro?

Innanzitutto c’è l’uscita del mio ultimo disco, dal titolo “The door of desires”, tutti noi abbiamo una porta dietro la quale si nascondono i nostri desideri, che vorremo realizzare. Sono 12 brani in inglese, di cui io ho composto musica e testi, in stile british – pop, fatta eccezione per “Dancing in the rainbow” una canzone che verrà inserita con un arrangiamento in stile bachata, e si collega all’uscita il 19 gennaio 2017, nei cinema di tutto il mondo, ad un film, uno psico-thriller, che s’intitola “The Flat” (L’appartamento) con un grande cast di attori che provengono anche dal teatro inglese e in cui io ballerò la bachata – sensual.

Hai un sogno nel cassetto?

Uno dei miei sogni nel cassetto era quello di recitare in una serie tv importante, ed è arrivata “Squadra Antimafia 8”, in cui interpreto il ruolo di Sarah, agente dei Servizi Segreti. Un ruolo a cui tenevo moltissimo e, dopo cinque provini, mi hanno chiamato ad interpretare. Un personaggio che assomiglia molto alla Lara Croft di Angelina Jolie però in versione italiana e che io ho personalizzato tantissimo. Un altro sogno è di essere madrina o testimonial per un’organizzazione internazionale, in particolar modo mi sono tanto a cuore l’Unicef e il WWF, perché vorrei fare qualcosa per aiutare i bambini malati, e che muoiono di fame nei Paesi sottosviluppati, ma anche per gli animali in via d’estinzione. Mi piacerebbe anche contribuire in qualche modo ad aiutare l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, insomma, aldilà dei films e dischi di qualità, vorrei “sfruttare” la mia notorietà per aiutare tutti coloro che hanno bisogno. Quindi chiedo a voi giornalisti di darmi una mano scrivendo di questa cosa a cui tengo moltissimo. E, last but not least, il mio sogno più grande sarebbe cantare davanti a Papa Francesco. Sono figlia d’arte, mia nonna materna era soprano. Ho già cantato più volte in Vaticano, ma mai davanti al Papa. Ecco, cantare l’Ave Maria davanti a lui sarebbe il regalo più bello!

Non mi resta che augurare a Hong-hu Ada un futuro di grandi successi lavorativi e non solo e di realizzare tutti i suoi sogni.

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