Cosa portare a casa dalla Tunisia? L’ideale è inoltrarsi in un souk dove ci si può sbizzarrire tra i vari negozi e i venditori che vi chiamano da tutte le parti per mostrarvi la loro merce. E’ un vero paradiso per le/gli shopaholic.
Iniziando dall’arredamento, non si può non pensare ai tappeti. Se ne trovano di bellissimi in tutte le medine e ne esistono di diversi tipi. C’è il gruppo degli annodati in cui si distinguono lo zarbia, in lana rossa e blu con arabeschi, e l’alloucha, in lana o seta, con decorazioni simili ai persiani e con colori tenui. Fra i tappeti tessuti e ricamati ci sono il kilim (il copriletto dei berberi), il mergoum (la versione più spessa a disegni geometrici e stilizzati) e il sottile bahnoug in lana rossa o blu ricamato in cotone bianco. Preferite i tappeti controllati e classificati dall’ONAT (Organizzazione Nazionale dell’Artigianato Tunisino). Le diverse qualità sono: Deuxième Choix (che corrisponde a 40 mila nodi al metro quadro), Première Choix (90 mila nodi) e Qualité Supérieure (250 mila nodi).
Per quanto riguarda l’artigianato, le ceramiche occupano un posto in pole position come souvenir. Si possono acquistare in uno dei tanti laboratori di ceramiche e terracotte dove si può assistere alla lavorazione oppure in uno dei negozi dei souk. Piatti, piastrelle, brocche, ciotole e la famosa tajine (la pentola dove si cuoce il cous cous) decorati con i tradizionali motivi a fiori bianchi e blu o verde e giallo, ma anche in colori brillanti come il rosso, l’arancio e il fucsia.
Belli anche i panier e le borse in foglie di palma e alfa intrecciate da utilizzare come contenitore milleusi (portariviste, frutta ecc.) o per andare in spiaggia.
Si trovano anche oggetti in legno intarsiato, di solito viene usato l’ulivo, ma anche il legno di palma, con cui si producono soprammobili: scatole, taglieri, posate, e anche quadretti a forma di porta. Sempre per la casa si possono acquistare candelabri, lampadari, piatti in ottone e rame sbalzato, oltre a splendidi specchi incorniciati in legno di cedro.
A buon mercato le borse in pelle e cuoio e le tipiche babbucce entrambe disponibili in molteplici colori e anche con ricami.
Tra l’abbigliamento il capo cult è il caftano o kaftano, abito tradizionale, solitamente indossato dagli uomini nei paesi musulmani, a forma di tunica, lungo fino alle caviglie, aperto sul petto e dalle ampie maniche. Da anni nel mondo della moda è stato sdoganato come capo da relax da portare in casa, essendo largo e quindi comodo. In Tunisia avrete solo l’imbarazzo della scelta in fatto di colori e tessuti e modelli, dal più semplice al più elaborato con decorazioni di perline.
La shashia, si può considerare il copricapo nazionale della Tunisia. In origine era a forma di calotta. La tradizione attribuisce l’origine della sua fabbricazione a Qayrawan, nel secondo secolo dell’Egira. Il suo nome però è un aggettivo sostantivato derivato da Sash, nome dell’odierna Tashkent in Uzbekistan. E’ un berretto di forma cilindrica, solitamente di colore rosso vermiglio. La shashia tradizionale è fatta di lana pettinata lavorata a maglia dalle donne che fabbricano le calotte kabbous. Questi berretti vengono sottoposti ad una speciale procedura: intrisi di acqua calda e di sapone e poi pigiati coi piedi per infeltrirli. Vengono quindi pettinati con cardi, per trasformare il feltro in velluto. E poi tinti del loro caratteristico rosso, anche se ormai sul mercato se ne trovano di vari colori.
Un altro prodotto tipico è l’henné, la magica polverina che le donne tunisine, ma ormai anche tante occidentali, usano per tingersi i capelli di un bel rosso ramato. Molto intensi anche gli oli essenziali, che vengono venduti in boccettine.
Hanno un fascino speciale i gioielli in argento che riprendono le forme tipiche islamiche, come la mano di Fatima, nota come Hamsa o Khamsa, che in arabo significa cinque. Eì un amuleto con la forma di una mano aperta e viene spesso utilizzato come protezione dalla malvagità e dal malocchio. Nella religione ebraica e musulmana riveste un valore sacro, è un simbolo riconducibile ai primi culti sumerici e babilonesi, prima conosciuta come Inanna e poi Ishtar, divinità femminili legate alla fertilità, all’amore carnale, alla bellezza e anche alla fecondità della Terra. La mano di Fatima si ritrova in ogni monile e in tutte le dimensioni.
Belli anche i gioielli berberi che si trovano verso il confine meridionale: croci del sud e spille con pietre dure e coralli. A proposito di corallo, Tabarka (nel nord del paese) è famosa per anelli, orecchini, braccialetti in corallo.
La Fouta, chiamata anche telo per il bagno moro, perché usata dagli uomini per coprirsi ed asciugarsi il sudore nelle sale degli hammam, è fabbricata artigianalmente con il metodo di tessitura tradizionale in alcuni piccoli paesi situati al centro della Tunisia. E’ un tessuto di cotone morbido, assorbente, leggero e di rapida asciugatura, ed è capace di assorbire e asciugare due volte rispetto alla normale spugna, senza mai perdere in leggerezza e colore. Sono due i modelli, quello classico che si presenta con una banda trasversale e le nez d’Abeille (nido d’ape). Ne esistono di tutti i colori e sono molto versatili perché possono essere usati come teli da spiaggia, come pareo o anche copricapo e in casa invece come copridivano, copriletto e persino in bagno come asciugamano. Io ne ho acquistati due: una rosa e uno celeste.
Infine non si può partire dalla Tunisia senza aver acquistato i datteri, chiamati anche le lacrime buone del Profeta, regalo di Maometto ai popoli del deserto. I datteri tunisini freschi infatti sono un’altra cosa rispetto a quelli che noi mangiamo durante il periodo natalizio. Specialmente quelli di Tozeur e Douz, sono dolcissimi. Da comprare all’ultimo momento anche alle scatole di makrouth, i dolcetti a base di semolino, miele e datteri. E anche il thé à la menthe, sì mi piace chiamarlo così alla francese, da bere a casa nei tipici bicchierini di vetro intarsiati.
Altri due souvenir da portare a casa sono la Thibarine, grappa di datteri, e la Boukka, acquavite di fichi.
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