In occasione dei 700 anni della morte di Dante Alighieri, anche Israele, nello specifico Gerusalemme, celebra questo speciale anniversario mostrando i legami culturali e spirituali che il sommo poeta ha raccontato in modo diretto o trasversale nei suoi versi. In realtà Dante a Gerusalemme non c’è mai stato di persona, ma solo sulla carta, con l’immaginazione, tra le righe dei suoi scritti.
ORTO DEI GETSEMANI
L’Orto dei Getseman è un luogo irrinunciabile per i turisti e i pellegrini che vengono in Terra Santa. Qui vi sono i riferimenti al momento dell’inizio della Passione di Gesù dove si accoglie la volontà del Signore espressa nel III canto del Paradiso:
E ‘n la sua volontade è nostra pace:
ell’è quel mare al qual tutto si move
ciò ch’ella crïa o che natura face».
Si scenderà fino alla porta che conduce
Questo luogo diventa anche il punto di riferimento per presentare la figura di Giacomo, il Santo che era con Gesù al momento della Passione. Giacomo di Zebedeo, detto anche Giacomo il Maggiore è chiamato così per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo, detto «Minore» o “il fratello di Gesù”. Giacomo fu uno dei tre apostoli che assistettero alla trasfigurazione di Gesù. Secondo gli Atti degli Apostoli fu messo a morte dal re Erode Agrippa.
LA VALLE DEL CEDRO
La Valle del Cedro, situata a oriente di Gerusalemme tra le sue mura e il monte Oliveto e menzionata nell’Antico Testamento (Gioele, III, 12), è un altro dei luoghi raccontati da Dante nell’Inferno, Canto X, vv. 11-35, dove si parla degli Epicurei Eretici come Farinata degli Uberti. Secondo il passo biblico Dio giudicherà le genti il giorno del Giudizio e secondo una credenza assai diffusa nel Medioevo e appoggiata dalla dottrina cristiana, dopo la resurrezione ogni anima andrà in quella valle per riappropriarsi del proprio corpo mortale e ascoltare la sentenza finale.
GEI BEI HINNOM – GEHENNA
Ge Bei Hinnom, la Valle del Giosafat, è forse il riferimento più popolare a luoghi di Gerusalemme , che troviamo nel III canto dell’Inferno con il termine Gehenna e che apre le “porte” al regno infernale, appunto alla Gehenna, come Dante stessa la nomina. Il termine giunge in questa forma nella Divina Commedia mediata dal greco attraverso il latino cristiano, accostato nel significato al latino Infernus. Che è “ciò che si trova in basso”, infernale; o “dell’Averno”, derivato da inferus, “che sta sotto, in basso”, già presso i latini connesso a un significato analogo a quello di “oltretomba”. “Geenna” era il nome di una valle presso Gerusalemme dove si celebravano riti particolarmente efferati legati al culto del dio Moloch. Colpita da anatema dal re Giosia, finì per diventare un’immonda discarica di carogne animali e cadaveri di delinquenti, che venivano periodicamente dati alle fiamme. Per metafora, nel Nuovo Testamento, «geenna» passò a indicare il luogo della dannazione eterna, caratterizzato da atroci torture e sofferenze, in contrapposizione al Paradiso, luogo dell’eterna beatitudine.
GERUSALEMME
Gerusalemme è citata anche nel Paradiso (XXV 55-57) come Gerusalemme celeste, del Paradiso stesso, che si contrappone alla “Babilonia infernale” e proprio a Dante è concesso di venire a Gerusalemme dall’esilio terreno in Egitto, per vedere le anime beate prima della morte. Geograficamente la città è collocata dal sommo poeta al centro dell’emisfero settentrionale della Terra, agli antipodi dell’isola su cui sorge il monte del Purgatorio, mentre al di sotto di essa si spalanca la voragine infernale, si è anche ipotizzato che la porta dell’Inferno si trovasse nei pressi di Gerusalemme. Nell’Inferno, nei Canti IV, 58 e XXVIII, 138 viene individuato il biblico re Davide e la sua città. Davide viene descritto come la pupilla dell’Aquila imperiale, lo spirito più luminoso del cielo di Giove, sintetizza i due episodi fondamentali della sua vita: la traslazione a Gerusalemme dell’Arca dell’Alleanza, che custodiva i rotoli della legge, e la sua attività di salmista. Il nome Davide in ebraico significa “il diletto”, “l’amato”, infatti il re fu oggetto del favore divino.
Colui che luce in mezzo per pupilla,
fu il cantor de lo Spirito Santo,
che l’arca traslatò di villa in villa.
OPHEL
Ci spostiamo verso il Ophel muro esterno del Tempio di Gerusalemme la cui distruzione viene citata da Dante nel Canto VII del Paradiso, dove si narra racconta infatti la distruzione del Tempio, voluta da Tito, quest’ultimo viene citato anche nel XXI canto del Purgatorio, v. 82 a proposito della distruzione del Tempio. Oltre ai collegamenti con i luoghi del Tempio, è interessante anche una visita del Tower of David Musuem con copia dell’Arco di Tito, che Dante aveva sicuramente presente quando descriveva questo episodio.
I LUOGHI FRANCESCANI e IL SANTO SEPOLCRO
Pare che Dante sia stato un terziario francescano. Sembra questo il motivo della sua familiarità con l’Ordine Francescano, tanto da segnarne profondamente l’opera poetica e letteraria. Nella Divina Commedia non è un caso che egli riservi dei versi splendidi a San Francesco in un intero canto a lui dedicato (Paradiso, canto XI ; vv. 28 -117). Difatti Dante, conosceva bene il cammino di ricerca e l’esperienza spirituale di Francesco d’Assisi, nutrendo nei suoi riguardi un grande amore e una grande ammirazione. Dai luoghi francescani si arriva al Santo Sepolcro. Il pellegrinaggio verso il Santo Sepolcro è citato in Dante con anche il riferimento storico a Goffredo di Buglione inserito nel canto XVIII del Paradiso v. 47. Da visitare la Chiesa degli Ospitalieri all’uscita dal Santo Sepolcro.
DANTE TEMPLARE E BERNARDO DI CHIARAVALLE
Ultimo ma non meno importante, Bernardo di Chiaravalle, fondatore del Movimento dei Templari, guida di Dante negli ultimi canti del Paradiso testimone di una duplice “battaglia”: una combattuta contro il Male e la caducità della vita (Vanitas), lotta interiore e spirituale; l’altra rivolta contro i nemici che impedivano il pellegrinaggio verso la Terrasanta. Riferimenti: Paradiso XXXI, 52-69.
Info: goisrael
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