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Turtell cremàsc story

Ricevo e pubblico volentieri questo articolo scritto dall’amico Lilluccio Bartoli, fotografo dalla nascita, oste per diletto e intrattenitore seriale.
Il tema sono i Tortelli Cremaschi, raccontati in modo semi Serio non Adda (gioco di parole alla Bartoli style).

Buona lettura e divertitevi! (come mi sono divertita io)

“A Crema (Crema è nel cuore della provincia, Cremona è più vicina al fegato) sono stato “costretto” a presenziare ad una sontuosissima , colesterolosissima (e chi se ne freghissima) cena, che aveva come superstar il tortello cremasco, prezioso scrigno di libidine che, al momento, non ricordo a quale pagina del kamashutra sia.
All’ingresso (e non all’ingrasso) ci ha accolto un tavolo che aveva, in bella mostra, tutti gli ingredienti del tortello cremasco, un viatico beneaugurante, molto più dell’aperitivo, servito con patatine industriali confezionate, che sarebbero state perfette in una festicciola oratoriale con palati omologati in uso a teen ager, ma non in un convivio con palati navigati, supportati dallo spessore culturale dei convitati, alcuni dei quali sfoggiavano il medesimo spessore (sull’epa) trattenuto a stento dalla cintura.
Lo stridore delle patatine è risultato ancora maggiore, in questo contesto, e sottolineato da un ottimo vino servito comme il faut, anzi comme il flûte.
Voglia il cielo che, chi legge, non sia astemio, perché -il cielo ha voluto- chi scrive, non lo è.
Bicchieri desolantemente vuoti. Direi che approssimativamente possono bastare -riempiti- per il ritiro di una trentina di patenti.

Spiegazione dei maiuscoli Tortelli cremaschi [avevo detto maiuscoli! TORTELLI CREMASCHI toh ciàpa!]: come riuscire a incastonare, in un solo tortello, un’intera drogheria col suo repertorio di amaretti scuri (marca d’ obbligo: Gallina uber alles), mentine, cedri canditi, uvette, mostaccini (biscotti che dovrebbero essere della Spezia ma che sono di Crema) e tanto altro che ingrasserei solo a scriverlo.
Si servono muniti di salvagente, per non farli affogare nel burro dove verranno sommersi, e ogni tortello svelerà sapori diversi ad ogni assaggio perché, tale è la miriade di ingredienti, che le papille verranno abbagliate e metteranno gli occhiali da sole, anche perchè, altrimenti, nessun altro glieli metterebbe. Una volta ho visto degli occhiali con le lenti da sole; poverine come si annoiavano!

P.S. ovvero Pre Scriptum: l’argomento tratta anche qualche fatterello storico; si rende edotto il lettore che non scrivo con davanti libri aperti dai quali suggere (si scrive suggere ma si pronuncia scopiazzare vergognosamente) i fatti da riportare.
I libri li ho posti in uno scaffale, a sud della forfora, perchè altrimenti sarebbe come dover consultare una mappa per saper dove andare, mentre invece, se si conosce il terreno, si sa già dove si vuol parare e come inforcare scorciatoie. Lezione appresa dal presidente del conSilvio.
Sarà opportuno spiegare, a chi non è targato CR, che Crema, oltre a trovarsi facilmente tra nocciola e pistacchio, nel banco dei gelati, si trova sicuramente in provincia di Cremona, con essa, ha avuto modo d’avere punti -e disappunti- in comune, con una leggera propensione a quest’ultimi.
All’epoca dei Comuni (e comuni disappunti) Cremona, alleata di un tale Federico, che ne aveva una barbarossa lunga così dei cremaschi, pose d’assedio le mura della rivale, non prima d’aver gentilmente bussato, con catapulte, dato che il citofono era di là da venire.

Crema, guardando allo spioncino aveva compreso, dal vigoroso bussare e dalla tediosa insistenza, che se si fossero aperte le porte, non si sarebbe presentato un rappresentante di spazzole, ma piuttosto qualcuno intenzionato a spazzarla via.
Avendo, il Barbarossa, seguito un master sulle tecniche di convincimento della clientela riottosa e non essendo ancora disponibile sul mercato la legge Gasparri che gli avrebbe permesso di aggirare l’ostacolo, pensò di attaccare con le torri mobili.
I cremaschi, non gradendo la tecnica invasiva e al grido di “Trovati un tram appicicaticcio e attaccati al tram!”, gli fecero le torri flambè, al che, il buon Federico, appuntò sulle torri alcuni prigionieri cremaschi che, il volgere degli eventi, non era stato loro particolarmente favorevole, come invece favorevole risultò poi -a qualcuno $o£tanto, negli anni a venire- la legge Gasparri.
L’intento era dissuadere i cremaschi dal colpire le torri così agghindate e per tutta risposta, gli agghindanti, incitavano i propri compagni a colpire ugualmente, pur di procurare, con qualcosa di simile ad una supposta di generose dimensioni -tipo deficit pubblico- qualche fastidio al piazzista di spazzole. Furono convincenti, bruciavano dalla voglia d’esserlo: letteralmente fecero fuoco e fiamme.
Questo, per comprendere quanto “gajarda” fosse la tempra dei cremaschi, soprattutto con chi -non invitato- soffre di presenzialismo.
Spero, con questo, di rendere l’idea, anche se non so a chi renderla dato che nessuno me l’ha prestata.

Crema e la maggiorente Cremona, ebbero un destino comune: quando il leone di S.Marco si accucciò sulle rive del Po. Una decina d’anni furono sufficienti per tornarsene, sbertucciato e spelacchiato, su quelle più benvolenti del Serio, dove soggiornò un tre secoli e spiccioli (si potrebbe chiosare la cosa con il titolo “Un Po sul Serio”).
Per un buon rapporto di vicinato, la Serenissima, si ingraziò i favori dei potenti con alcune leggi. Lo sport di farsi delle leggi acconce alla propria misura, avrà in seguito diversi proseliti; da allora è cambiato poco, ora le leggi si fanno anche self service e chi è al servizio dello stato non comprende, e confonde, la differenza tra servizievole e servile.
Venezia doveva tenersi buoni quei sudditi, anche perchè, essendo al limen della sua estensione in terraferma, era un attimo perdere i territori troppo confinanti coi padroni di Mediolanum che già meditavano di apostrofarla trasformando Mediolanum, con l’aiuto di un semplice apostrofo, in Medio l’anum.
Uno dei privilegi concessi fu “Il privilegio del quarto”: si era in epoche dove le casse dello stato erano dissanguate dai capricci dei regnanti. Una specie di Avi$, provvedeva alle trasfusioni, dalle tasche dei poveri a quelli dei ricchi, senza pericolo alcuno di trasmettere contagiose malattie se non quella, incurabi£€, della cupidigia. L’ Avis in questione era una S.p.A: l’ Avis S.p.A il cui nome , per esteso, era l’ Avis Spa T&resa.

La legge prevedeva che “qualora si consorziassero” quattro famiglie nel macellare una bestia, esse avrebbero subìto una tassazione soft, ma la metàstasi di povertà in atto (molti erano gli olimpionici campioni di salto del pasto) non permetteva, ai poveri diavoli, nemmeno d’avere l’alito caldo, figuriamoci addirittura un quarto di bue!

Così, di questo bonus bovis, ne gioivano solo i nobili o ne gioirono fino a quando Venezia lo permise. Quando venne imposto lo stop, i cremaschi che abituatisi a non pagare, non vedevano di buon occhio per quale motivo dovevano, proprio ora, cominciare a farlo.
Inviarono in laguna, a dirimere la questione, Luigi Zurla, il cui sangue, essendo blu, non era ovviamente trasfusionabile, mentre le tasche, piene di palanche, ebbero diverse trasfusioni e nessun trasfuso ebbe crisi di rigetto. Risolse tutto con una barca di soldi, si suppone una gondola. Facile intuire come Crema riottenne il privilegio del quarto, senza timore alcuno che, toghe dal rubino colore, si impuntassero a non far trasferire eventuali processi a Brescia.
Seminascosto, indicato dalla freccia, il quarto privilegiato.Non facile, invece, intuire le risposte a queste domande che mi son posto e che sono domande che bisogna porci, anche perchè non posso dire: “Sono domande che bisogna maiali.”

Se, tra chi legge, ci sarà qualcuno che risponderà esattamente, verranno estratti a sorte i seguenti premi…

a) lla prima sorteggiata, una lavatrice a colori e una in bianco e nero a pedali

b) uono per una

c) ena alla festa dell’olio

d) oliva

e) xtra vergine

f) ine

g) razie

h) nissciun’ è fess’

· Ho la tua benedizione, se asserisco che, con un par de’ ciufoli, sarebbero esistiti i tortelli cremaschi, se il leone di S. Marco non avesse allungato le zampe fino ad Agnadello (per qui buscarle di santa ragione, ma a me sembra che la ragione latitasse, nonostante la santità di 20.000 croci sul campo di battaglia) e che quindi le spezie di Venezia giocano in casa?

· Gli amaretti Gallina perché regolarmente battono tutti gli altri? Perché son fatti con le “mandorle” della pesca e non con quelli della caccia?

· Quando si era così poveri da non avere nemmeno gli occhi per piangere e le borse sotto agli occhi non erano firmate Gucci, di cosa ci si nutriva se non di dubbi, e una volta nutriti i seri dubbi, erano ridicoli e sazi?

All’ultima domanda, quant’eran buoni i tortelli cremaschi?, risponde -scrosciante- l’applauso dei denti. I pochissimi fischi in sottofondo sono quelli del fegato, ma chi se ne frega(to)!!!”

Lilluccio Bartoli

Foto gentilmente concessa dallo stesso Lilluccio Bartoli (mezzo busto in bianco nero – autoritratto)

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