L'affasciannte mondo del sake
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L’affascinante mondo del Sake

Tutto quanto è oriente, mi ha sempre affascinato.

Partecipare ad un evento dedicato al Wagyu, la rinomata e costosa carne di bovino giapponese in binomio col sake, che ho raccontato qui, ha risvegliato in me questo amore per il sol levante, tanto che ho deciso di scrivere un post su quello che è conosciuto come “vino di riso”.

Ma di sake non ce n’è uno solo. Lo sapevate che esistono diverse tipologie di sake? Come ci ha spiegato Justin Potts Master Sake, americano con la passione per il Giappone, il sake non si può considerare né un liquore, né un distillato, è una bevanda alcolica ottenuto esclusivamente con riso, acqua, e con quello che chiamiamo “riso koji”, ovvero riso che è stato inoculato con ciò che è una muffa naturale, chiamata “koji”. La stesso parola sake in giapponese significa semplicemente bevanda alcolica. Justin dice di non chiamarlo vino, ma infuso fermentato, ed ha sottolineato che se guardiamo a come viene prodotto in realtà è forse più simile alla birra e al suo processo di fermentazione. Invece, per come viene considerato nella cultura giapponese, è molto più vicino al vino. Secondo lui l’abbinamento perfetto, essendo fermentato, è proprio con cibi stagionati e fermentati come salumi e formaggi.

Anche se non va considerato un vino, la sua realizzazione influisce dal terroir, infatti il suo sapore dipende dal tipo di riso, che varia da regione a regione e anche dall’uso dell’acqua, essendoci in Giappone diverse sorgenti d’acqua.

Un altro fattore importante è legato ai produttori stessi: ogni regione del Giappone ha la sua corporazione chiamata “Toji”, ciascuna con metodi e tecniche diverse che vengono trasmesse da generazione a generazione. Per questo motivo non esiste un sake uguale ad un altro e negli ultimi anni c’è stata una vera evoluzione nella produzione dello stesso. Attualmente in Giappone ci sono circa 1300 produttori di sake, ognuno ne produce in media una ventina sempre in base alle caratteristiche descritte sopra.

Il sake si può bere caldo o freddo, dipende dal tipo, per esempio lo Sparkling Sake Kinugasumi che tra quelli degustati è quello che mi è piaciuto di più perché ricorda le bollicine a me tanto care, va bevuto freddo ed è adatto sia come aperitivo, sia per rinfrescare il palato tra una portata e l’altra.

Ed è adatto anche al mixology, anche se spesso nei cocktail il sake è trattato solo come un ingrediente generico, ma sono in atto notevoli cambiamenti in questo campo ed il settore si sta evolvendo.

Il bicchiere migliore per degustarlo è il calice da vino, quello, per intenderci a forma di tulipano. In Giappone nei bar e ristoranti utilizzano piccole tazze di diverse forme e materiali, come ceramica, vetro, latta o metallo che cambiano però il gusto del sake, ma in generale il bicchiere di vetro con bordo sottile rimane il più adatto. invece se si vuole scaldarlo, la tazzina da caffè in ceramica è la soluzione migliore.

Buon sake a tutti!

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