Colline di Sopra
Vino

Una “collinara” a Milano

Le storie dei vignaioli sono sempre interessanti, soprattutto quando si tratta di donne. E quella di Luisa Silvestrini dell’azienda Colline di Sopra è proprio una di queste.

Architetto, di origini piemontesi, ma abitante a Pavia, trascorre abitualmente insieme al marito Paolo medico e al figlio Marco le vacanze in Toscana, quando tutti e tre s’innamorano di un piccolo angolo della Maremma. E così Luisa decide di trasferirsi a Montescudaio (Pi), di lasciare la sua professione e diventare produttrice di vino. Si occupa personalmente della progettazione della cantina, realizzata secondo il rispetto dell’ecosistema e dell’ambiente circostante. Grazie alla sua intuizione e ad approfonditi studi agronomici ed ampelografici, risulta che i terreni dove già vi erano 2 ettari di ulivi, sono perfettamente adatti per la coltivazione della vite, che prima qui non era mai stata piantata. L’ideale microclima, la vicinanza alla costa (solo 10 km.) con venti costanti di terra e di mare e una vegetazione che accanto alla macchia mediterranea annovera anche querce, lecci ed alloro, sono il mix perfetto per produrre vino.

Su un’area di 5,1 ettari vengono quindi piantati vitigni bordolesi a cordone speronato, Sangiovese (simbolo per antonomasia della Toscana), Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Petit Verdot, Syrah e Moscato Bianco, una sorta di alter ego di Luisa, anche lui “un piemontese in Toscana”. Luisa Silvestrini è affiancata da un valido staff composto dall’enologo Giovanni Bailo, l’agronomo Mauro Carrara e Gianluca Mattia, responsabile della cantina e dei lavori agricoli.

Ho assaggiato i vini della “collinara”, com’è soprannominata ormai da tutti Luisa Silvestrini, a Milano all’Enoteca Ombre Rosse, un gradevole locale di vendita nonché mescita di vini con piccola cucina, dove ho avuto il piacere di conoscere Claudia Bondi, che ha condotto la degustazione. Abbiamo iniziato con un aperitivo alla francese (termine che indica l’usanza in Francia di bere come aperitivo dei vini dolci) con Luis, Igt 2012 Moscato Bianco Passito (100 % uve Moscato Bianco), di colore oro chiaro con singolari riflessi smeraldo. Accenti di albicocca essiccata, fiori di salvia e miele come preludio ad un gusto pieno ben temperato da una sostenuta acidità rinfrescante. Ottimo con formaggi, pasta di mandorle e crostate di frutta, ed io aggiungerei anche con foie gras. E da solo come vino di meditazione.

Poi, accompagnato ad un piatto di acciughe del mar Cantabrico con burro Echiré e pane casereccio, Eola, Rosso Igt, 2012, un blend di quattro vitigni: Merlot, Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Syrah. Il nome è quello del dio dei venti al femminile, in omaggio alla patron. Vino di terra e di mare, è il più venduto dell’azienda, ed è caratterizzato da una grande mineralità e freschezza, si presta ad abbinamenti a tutto pasto, ma anche come aperitivo “in red”.

A seguire, in anteprima, Claudia ci ha presentato l’annata 2012 del vino di punta di Colline di Sopra, ovvero il Ramanto Rosso Igt, assemblaggio di uve Cabernet Franc e Petit Verdot, un vino dal carattere importante, con un ottimo equilibrio che emerge dopo un affinamento in barriques di primo e secondo passaggio. Un prodotto che avrà una lunga vita, perfetto con piatti elaborati di carne, selvaggina e formaggi staginati. Infatti è stato abbinato ad una guanciale di manzo al vino rosso con purée di patate. Infine per concludere il pasto ritorniamo all’inizio, degustando di nuovo Luis Igt 2012 Moscato Bianco Passito che si è sposato alla perfezione con il Bonet servito come dessert.

La produzione Colline di Sopra comprende anche due altre etichette: Sopra Montescudaio Sangiovese Doc, Sangiovese in purezza e Larà Tosso Igt, da uve Merlot e Sirah. Infine l’ultimo arrivato è Tredici M Igt Bianco, nato per una sorta di incidente di percorso. L’annata 2013 è stata inconsueta, con piogge frequenti che hanno caratterizzato il periodo precedente la vendemmia e che sono proseguite anche durante la stessa. Condizioni climatiche che hanno fatto sì che non si potesse produrre il Luis. L’enologo Giovanni Bailo, d’accordo con Luisa, ha subito intuito che questo imprevisto della natura poteva rappresentare in concreto l’opportunità di coronare un sogno già accarezzato da tempo, quello di produrre un vino con uve Moscato Bianco, ma secco. Quindi i grappoli sono stati pressati interi, dopodiché è seguita la fermentazione in acciaio con lieviti indigeni, fino al completo esaurimento degli zuccheri: anche l’affinamento si è svolto in acciaio, precisamente per 6 mesi sulle sue fecce fini. Il risultato è un vino all’insegna della raffinatezza e della vivacità, dal colore giallo oro, dagli aromi con forti accenti di fiori d’arancio, albicocca, miele, agrumi e salvia ed un gusto marcato da spiccata freschezza ed ottima persistenza, con un finale di mandorla amara. Estremamente versatile in materia di abbinamenti, si adatta con primi piatti, formaggi, a media stagionatura ed anche con preparazioni in stile etnico-fusion.

Un’altra storia di donne vignaiole, un’altra storia soprattutto di donne che si sono distinte nel mondo.

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